Un nuovo impianto a Spilimbergo

La situazione attuale

Eco Mistral, azienda del gruppo EcoEridania, gestisce dalla fine del 2015 il termovalorizzatore di Spilimbergo. Si tratta di un impianto realizzato nei primi anni ’90 da un’azienda partecipata dal Comune di Spilimbergo, in un’area già utilizzata per l’attività di smaltimento dei rifiuti e caratterizzata dalla presenza di insediamenti industriali (oggi denominata “Zona Industriale del Cosa”). In ottemperanza alla convenzione che regola la gestione, Eco Mistral esegue costantemente gli interventi manutentivi nonché le migliorie introdotte dalle recenti BATC (conclusione sulle migliori tecnologie disponibili individuate dall’ordinamento europeo) degli impianti per il trattamento dei rifiuti.

La Convenzione, sottoscritta nel 1992 e con scadenza nel 2028, all’articolo 4, ultimo capoverso, prevede:

“alla scadenza della Convenzione l’impianto verrà riconsegnato dalla Concessionaria al Concedente atto al funzionamento secondo la normativa pro-tempore vigente ed in buono stato di conservazione o manutenzione…”

LO SCENARIO DEI RIFIUTI IN ITALIA

In Italia, a causa della carenza di impianti di trattamento dei rifiuti, il ricorso all’export ha raggiunto livelli eccessivi con il conseguente incremento di impatti ambientali e costi, a svantaggio dell’intera collettività. Risulta necessario smaltire correttamente i loro rifiuti in strutture adeguate, tali da garantire le filiere produttive.

UN NUOVO IMPIANTO INNOVATIVO

Eco Mistral ha chiesto alla Regione Friuli Venezia Giulia, ente competente in materia, l’autorizzazione alla realizzazione di un nuovo termovalorizzatore, in terreni di proprietà dell’Azienda e adiacenti al termovalorizzatore esistente. Il nuovo impianto, oltre a rispondere alle suddette esigenze, potrà usufruire di spazi più ampi, che permettono di adottare soluzioni tecnologiche innovative e modalità di gestione ottimali.

LE DOMANDE CHE AVRESTI SEMPRE VOLUTO FARE

Trova tutte le risposte

La provenienza nominale dei rifiuti deriva dalla piattaforma di trattamento alla quale vengono conferiti dai produttori, non è indicativa della regione nella quale si trova l’impianto che li ha originati.

I rifiuti prodotti dalle piccole e grandi aziende industriali o artigianali nella maggior parte dei casi vengono portati in piattaforme di trattamento, dove vengono preparati per essere poi conferiti a impianti di termovalorizzazione, discariche o altro. I rifiuti in ingresso nelle piattaforme vengono controllati dal punto di vista qualitativo, si tratta di controlli funzionali alla verifica delle caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto e dei processi che li hanno originati, identificati attraverso il codice CER. Successivamente i rifiuti possono essere sottoposti a pre-trattamenti che consentono di separare i materiali utili e preparare delle miscele compatibili con gli impianti di smaltimento finale. Una volta terminati i controlli e i pre-trattamenti, ai rifiuti viene attribuito un nuovo codice, che specifica la tipologia del rifiuto e indica come produttore la piattaforma di trattamento; quest’ultima tiene traccia della prima origine del rifiuto, e può quindi risalire alle provenienze dei rifiuti trattati.

Per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, secondo il rapporto di Arpa Fvg, nel 2020 le attività produttive regionali hanno prodotto oltre 4 milioni 235 mila tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, delle quali meno di 2 milioni sono costituiti da rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione[1]; sono state destinate al recupero di energia (R1) circa 310 mila tonnellate di rifiuti[2], ben più della capacità massima dell’impianto di Eco Mistral, che è autorizzato a trattare complessivamente 25 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi all’anno, e ben più del nuovo impianto in progetto, che potrà trattare 70 mila tonnellate di rifiuti all’anno.

[1] Fonte: Arpa Fvg https://www.arpa.fvg.it/temi/temi/rifiuti/sezioni-principali/i-rifiuti-speciali/

[2] Fonte: Arpa Fvg https://www.arpa.fvg.it/temi/temi/rifiuti/sezioni-principali/i-rifiuti-speciali/la-gestione-dei-rifiuti-speciali/

L’impianto smaltisce rifiuti che provengono da processi industriali o da piattaforme che pretrattano il rifiuto industriale per renderlo compatibile con le caratteristiche tecniche dell’impianto.

I rifiuti in ingresso sono sottoposti a rigide procedure, finalizzate ad assicurare la miglior conoscenza possibile dei rifiuti conferiti, che devono essere necessariamente accompagnati da una scheda di omologa contenente tutte le informazioni che caratterizzano il rifiuto, oltre a un’analisi chimica qualitativa. La scheda di omologa viene valutata dal chimico di stabilimento e il rifiuto viene accettato solo se è compatibile con le normative e le capacità tecniche dell’impianto.

Il nuovo impianto disporrà inoltre di un proprio laboratorio di controllo che controllerà ogni carico di rifiuti in ingresso allo stabilimento. Se si dovessero verificare dei casi di non conformità del rifiuto conferito lo stesso sarà respinto segnalandolo agli Enti Competenti.

Queste operazioni, così come ogni altra attività realizzata nell’impianto gestito da Eco Mistral, sono sottoposte a norme stringenti e a un rigido controllo da parte delle Autorità competenti, che supervisionano sistematicamente che tutto avvenga secondo le previsioni di legge.

La direttiva 2018/851 del Parlamento Europeo prevede una serie di misure finalizzate a implementare l’economia circolare, aumentando riciclo e riutilizzo dei rifiuti. Si tratta di un cambiamento auspicabile che mira a rendere più efficiente la gestione dei rifiuti, non significa però che sarà possibile eliminare del tutto l’attività di incenerimento, in particolare dei rifiuti speciali. La stessa direttiva prevede che “quando i prodotti, i materiali e le sostanze diventano rifiuti, la presenza di sostanze pericolose può rendere tali rifiuti inadatti per il riciclaggio o la produzione di materie prime secondarie di elevata qualità”. In questi casi la termovalorizzazione rappresenta, a oggi, l’unica soluzione percorribile.

Anche la Corte Ue ha recentemente ricordato[1] la legittima presenza dei termovalorizzatori nella gerarchia di gestione dei rifiuti: le tre diverse opzioni – riciclo, termovalorizzazione e discarica – sono intese come un sistema integrato, a priorità decrescente. La termovalorizzazione, intesa come attività residuale rispetto al riciclo, risulta ancora preferibile rispetto alla discarica.

Inoltre, il Green Book – Rapporto sul Recupero Energetico da rifiuti in Italia” dell’aprile 2022, realizzato da Utilitalia in collaborazione con Ispra, dimostra che il recupero di energia da rifiuti è essenziale per il conseguimento degli obiettivi fissati dalle direttive europee sull’economia circolare. Purtroppo, gli ultimi dati Ispra disponibili mostrano come questo sia un traguardo ancora lontano: nel 2020 in Italia il 51% dei rifiuti urbani è stato avviato a recupero di materia e trattamento biologico della frazione organica, il 18% a termovalorizzazione e il 20% in discarica.

Anche nel caso in cui, entro il 2035, venisse raggiunto l’obiettivo ambizioso indicato dalle direttive europee sull’economia circolare, che prevedono che il 65% di rifiuti – sia urbani, sia speciali – sia avviato a riciclo, per limitare il ricorso alle discariche al 10% dovrebbe essere smaltita tramite termovalorizzazione una quota molto rilevante di rifiuti, il 25% superiore al presente. Gli obiettivi fissati dalle direttive europee per la raccolta differenziata sono ambiziosi, ma anche se fosse possibile raggiungerli in pochi anni rimarrebbe comunque una frazione di rifiuti che non può essere riciclata. Lo smaltimento di questa frazione può avvenire solo attraverso la combustione o il conferimento in discarica, soluzione quest’ultima che è ritenuta la meno opportuna. La termovalorizzazione è oggi, e lo sarà ancora per molti anni, un elemento essenziale nella valorizzazione dei rifiuti non recuperabili, essendo complementare (e non in contrasto) alle altre attività di recupero dei rifiuti.

Per quanto riguarda l’Italia, la carenza di impianti di termovalorizzazione è nota e certificata da numerose analisi[2]; a rendere ancora più critica la situazione, molti impianti attualmente in esercizio presto arriveranno a fine vita.

Nel corso dell’emergenza sanitaria causata dal virus COVID-19, la carenza di impianti di termovalorizzazione presso cui conferire i rifiuti a rischio infettivo prodotti nelle abitazioni dei soggetti posti in quarantena è emersa in tutta la sua drammaticità. Regioni come le Marche hanno dovuto prevedere la parziale destinazione a discarica dei rifiuti conferiti, aumentando il rischio di ulteriore diffusione del contagio.

[1] ECLI:EU:C:2019:384 del 08/05/2019

[2] Per esempio, il “Rapporto sul Recupero Energetico da rifiuti in Italia” dell’aprile 2019, realizzato da Utilitalia in collaborazione con Ispra, e lo studio “Economia circolare: senza gli impianti vince sempre la discarica” realizzato da REF Ricerche srl – Laboratorio SPL Collana Ambiente