Chiunque svolga la professione di dentista, igienista dentale, odontotecnico ed affini sa che molti dei rifiuti prodotti all’interno di uno studio o di una clinica odontoiatrica vengono annoverati tra i rifiuti speciali di origine sanitaria. Tra questi, tutti i rifiuti prodotti da tali strutture che vengono annoverati tra quelli cosiddetti “speciali” (pericolosi e non pericolosi) devono necessariamente essere smaltiti tramite il conferimento a ditte autorizzate o, nel caso in cui sussista un’apposita convenzione, al servizio pubblico. Ma quali rifiuti provenienti dagli studi dei dentisti vanno di fatto considerati tali?

Andiamo per gradi. L’iter previsto in questi casi può essere così riassunto:

  1. È anzitutto necessario stipulare – con un ente pubblico o con un privato – un accordo per la gestione dei rifiuti prodotti all’interno del proprio studio.
  2. In seconda battuta, ciascun dentista dovrà organizzarsi per raccogliere separatamente, all’interno di appositi contenitori, i rifiuti speciali, così da mantenerli in sicurezza fino al momento del ritiro.
  3. A questo punto, i rifiuti rimangono in deposito temporaneo presso lo studio del dentista fino al loro conferimento al servizio di raccolta, precedentemente concordato con l’azienda – pubblica o privata – con cui si sia stipulato l’accordo.

Tale deposito temporaneo dei rifiuti sanitari pericolosi prodotti all’interno dello studio odontoiatrico è consentito in condizioni tali da non comportare rischi per la salute. I limiti ammessi consistono in:

  • Rifiuti sanitari pericolosi (rifiuti potenzialmente infetti provenienti da attività medica): fino a un massimo di 30 giorni per quantitativi non superiori a 200 litri. Qualora dovessero essere superati i 200 litri, invece, lo smaltimento deve avvenire entro 5 giorni.
  • Rifiuti speciali pericolosi (amalgama, liquidi di sviluppo e fissaggio delle radiografie): fino a un anno, purché la quantità prodotta nell’anno non superi i 10 metri cubi (10.000 litri) oppure ogni 3 mesi, a scelta del produttore.
  • Rifiuti speciali non pericolosi: fino a un anno, purché la quantità prodotta nell’anno non superi i 30 metri cubi (30.000 litri) oppure ogni 3 mesi, a scelta del produttore.